NON ABBIATE PAURA DEL TEMPO

Unknown
Sin dall’antichità, molti letterati e filosofi hanno elaborato, in prosa e in poesia, riflessioni sul destino dell’essere umano e sul tempo che scorre. Il poeta latino Orazio, uno dei più importanti autori vissuti nell’Età Augustea, compone alcune odi che riguardano lo scorrere del tempo inesorabile e la brevità della vita umana. Il poeta, raggiunta ormai la maturità della vita, si rivolge a una giovane ragazza, Leuconoe, che attende con ansia la sua vita futura e che desidera fortemente realizzare le sue aspettative e i suoi sogni. Il poeta le consiglia di non coltivare delle speranze che potrebbero rivelarsi vane e la esorta a godere fino in fondo il presente, in particolare, le gioie e le soddisfazioni che esso le offre quotidianamente. Orazio quindi invita a vivere con intensità ogni attimo, valorizzando il presente. Ci sarà una ragione se quasi tutti gli uomini che hanno saputo attrarre discepoli e seguaci con le loro rivelazioni, hanno parlato di vivere il presente pienamente.

Normalmente si crede che chi si sintonizza su uno stile di vita di questo tipo, sia una persona immorale, magari un tipo irresponsabile, che non vuole fare progetti per il futuro. In realtà non è così. Il futuro è qualcosa che sarà il frutto delle scelte di oggi, quindi perché sia più solido, è opportuno agire con molta responsabilità oggi, perché tutte le azioni che compiamo adesso, saranno alla base di quello che costruiremo piano piano e che costituirà il nostro futuro. Inoltre non si deve dimenticare che si vive adesso, non domani. Perciò se ci si lascia sfuggire il presente pensando a quello che si è fatto tempo prima, oppure che si dovrà fare in seguito, in realtà sfuggono molte occasioni. La fugacità del tempo, la brevità della vita, il cogliere l’attimo: un tema classico al quanto odierno. Dove trovare la felicità se non nell’attimo che fugge oggi come oggi in un futuro molto incerto, ricco di pensieri, di dubbi, di paure? Non c’è un giorno che non si legge : milioni di giovani sul ciglio di una strada, crisi economica… per quanto l’uomo possa sforzarsi di evitare tutto ciò che mette a rischio la sua vita, la morte è inevitabile e occorre abbandonare persone e cose che sono a noi care. La vita umana si svolge in un arco di tempo assai limitato e perciò che nel presente, nell’attimo che fugge, che occorre cercare la felicità, piuttosto che attenderla in un futuro, più o meno lontano, di cui non si ha certezza alcuna. Orazio non è stato l’unico poeta a trattare la fugacità del tempo. Prima di Orazio possiamo notare questo topos poetico in Catullo nel Carme V. Il poeta esorta Lesbia, la donna tanto amata dal poeta latino, ad abbandonarsi al sentimento dell’amore e a viverlo intensamente: le ricorda che il sole tramonta e rinasce, ma la vita dell’uomo è breve ed è seguita da una notte eterna. Bisogna così moltiplicare i baci all’infinito e mescolarli per sottrarsi all’invidia e al malocchio e fronteggiare così l’inesorabile fuga del tempo. Catullo, che fu in contatto con diversi epicurei, anticipa in questa poesia il motivo topico del carpe diem che erediteranno diversi poeti. Catullo non parla, urla; non scrive, incide; non vive semplicemente, ma sente la vita, la coglie in ognuna delle sue manifestazioni, più o meno immediate, più o meno profonde. La giovinezza di Catullo non comporta né inconsapevole leggerezza né superficialità, è profonda tanto nei contenuti quanto nella forma. I versi catulliani vengono rielaborati nel ‘500 da Torquato Tasso nell’Aminta. Questo passo possiede un invito a vivere il più intensamente possibile le gioie dell’amore, per non sprecare il breve tempo concesso per amare ed essere felici, prima che il sole nasconde la sua breve luce e sopraggiunga “l’eterna notte”. Qui la fugacità del tempo è resa dall’antitesi fra breve luce ed eterna notte, contrapposti come vita e morte. Per quanto riguarda l’arte possiamo ricordare il dipinto intitolato La persistenza della memoria del 1931, noto come Gli orologi molli, l’opera più nota di Salvatore Dalí. Si tratta di una scena ambientata in riva al mare, sulla costa catalana. Tutto appare deserto. Non vi sono uomini, solo una strana forma distesa a terra che riproduce probabilmente il profilo dell’artista. I protagonisti del quadro sono questi orologi, che sembrano fatti di una materia molle. Più profondamente ci rimanda ad una riflessione sul tempo. Ci introduce a quello che è il messaggio della relatività. Il tempo è soggettivo e ha un trascorrere diverso per ogni stato d’animo. Gli orologi non possono funzionare ugualmente in tutte le persone. Il tempo non può essere misurato per tutti nella stessa maniera. E’ per questo motivo che questi orologi, come ogni cosa meccanica, si afflosciano perdendo consistenza, di fronte agli stati d’animo. All’inizio del secolo XX Einstein, demolendo il concetto newtoniano di tempo assoluto, affermava che il tempo non era uguale per tutti, ma come ci mostra Dalì in questo quadro, il suo trascorrere dipende sempre da chi lo vive. L’opera si offre a molteplici letture incentrate sul tempo che nella nostra era domina sovrano sulla natura e sull’uomo, riportandolo all’ineluttabilità della morte, cui rimanda il deserto.

Luciana Avellina IV A

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