Carpe diem: Da Omero a Lorenzo il Magnifico

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A volte bisogna ricordare di cogliere l’attimo, perché non sempre le occasioni si ripetono, come ,appunto, sosteneva il poeta latino Orazio in una delle sue Odi più famose: « Carpe diem quam minimum credula postero” che significa “Cogli l’attimo confidando il meno possibile nel domani».
Lorenzo de’ Medici, signore di Firenze e poeta italiano del Quattrocento, affronta questa tematica nel suo canto chiamato “Trionfo di Bacco e Arianna”:

Quant’è bella giovinezza
che si fugge tuttavia;
chi vuol esser lieto, sia,
di doman non v’è certezza
La vita di un uomo è sinonimo di caducità e di brevità dell’esistenza; ciò conduce tutti verso una ricerca del piacere che però molto spesso porta dolore e malinconia, perché subentra il pensiero della brevità del tempo e della caducità dei beni terreni.
“Quest’è Bacco e Arianna,
belli, e l’un dell’altro ardenti:
perché ‘l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.”
Il tema della fragilità della vita umana viene espresso attraverso la caducità delle foglie su un ramo, pronte a cadere al primo colpo di vento. Questa immagine si trova nell’Iliade nel passo in cui Glauco risponde a Diomede, con il quale sta per venire a duello: «Magnanimo figlio di Tideo, perché mi domandi quale sia la mia stirpe? Come stirpi di foglie, così le stirpi degli uomini; delle foglie il vento getta alcune a terra, mentre altre sono nutrite al tempo di primavera dalla selva in fiore; così le stirpi degli uomini: nasce una, l’altra scompare».
«Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno: e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo, nemica e allo stesso tempo senza onore, la vecchiaia che rende l’uomo irriconoscibile ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli»,in questo frammento di Mimnermo, il poeta sostiene che la vita è soltanto un sogno di breve durata.
«Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros. Ut melius, quidquid erit, pati!
seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrenum, sapias, vina liques, et spatio brevi
spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero».
(Orazio, Carm. I 11)

(Tu non chiedere, che non è lecito, quale giorno abbiano dato gli dèi a me e a te, o Leuconoe, e non tentare le cabale babilonesi. Quanto è meglio sopportare ciò che verrà! Sia che Giove ci abbia riservato più inverni, sia che ci abbia dato come ultimo questo, che ora sconvolge il mar tirreno su rive opposte, sii saggia, filtra i vini, e in breve tempo tronca una lunga speranza. Mentre stiamo qui a parlare, il tempo odioso fugge: cogli l’attimo, e affidati meno che puoi al domani)
Dunque, carpe diem, perché la vita è breve e le occasioni si hanno una sola volta.

FRANCESCA PONZO IV A

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