Donare Un atto di “Libertà”

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Il termine dono deriva dal latino donum e rappresenta il gesto di dare ad altri liberamente e senza compenso una cosa utile e/o gradita…Nella nostra società, però, esso ha assunto un valore assai diverso: molti vedono in questo un’occasione di lucro, altri sono semplicemente irritati dal fatto di dover cercare un qualcosa da regalare ed, infine, vi è chi cerca di rimediare ai propri errori con dei regali, rimpiazzando di conseguenza le relazioni umane con degli oggetti. Comunque, più in generale, questo gesto ha progressivamente assunto il valore di “Do ut des”, ovvero dare con il fine di ricevere. Ma qual è il vero significato del dono?? Perché siamo spinti a donare?? La risposta è assai semplice: il dono permette di provare una felicità smisurata nell’immaginare la reazione di chi lo riceve; esso implica, quindi, una scelta selettiva, l’impiego di tempo, il fatto di dover uscire dai propri binari e pensare come l’altro, istaurando un rapporto sincero con quest’ultimo. Uno dei documenti che può esprimere un esempio, se così si può affermare, di “dono malvagio” è la cosiddetta Donazione di Costantino; con esso, recante data 30 Marzo 315, l’imperatore Costantino, essendo guarito dalla lebbra a seguito del battesimo, consegnava a Papa Silvestro I e, di conseguenza, ai suoi successori il dominio di Roma, dell’Italia e dell’intero Occidente.

In realtà, però, questo manoscritto non era altro che un falso creato nell’ VIII secolo dalla Curia Romana per dare una giustificazione agli accordi che il papato si preparava a stringere con i Franchi, allo scopo di ottenerne l’aiuto contro i Longobardi, decisi a intraprendere una politica espansionistica in Italia. Dopo essere stato trascurato per molti anni, questo documento venne ripreso dai pontefici intorno all’anno 1000, in occasione del nascente contrasto tra papato e impero. La Donazione di Costantino venne comunque smentita solo nel 1500 circa, quando l’umanista Lorenzo Valla dimostrò in modo inoppugnabile la contraffazione del documento con argomenti storici, giuridici, linguistici e filologici. Quest’opera, quindi, anche se non rappresenta un dono reale, funge da ottimo esempio per indicare tutti coloro che concepiscono il regalo solo nell’ottica del guadagno. Un altro documento riguardante al dono, visto questa volta come esempio assai positivo, è il dipinto “Antioco e Stratonice” di Jacques-Louis David. La storia rappresentata in questo quadro viene menzionata in una biografia che Plutarco scrisse su Demetrio; le vicende risalgono al 293 a.C. e si riferiscono ad uno spinoso problema di cuore che vide come protagonista il figlio del re Seleuco, Antioco I. Questo, infatti, si innamorò alla follia di Stratonice, giovanissima sposa del padre, ma, consapevole dell’impossibilità di coronare il suo sogno, cadde in uno stato di profonda depressione fino ad ammalarsi gravemente. Si resero dunque necessarie le cure di Erasistrato, medico di corte, il quale intuì subito il problema del principe e, dopo una serie di stratagemmi, raccontò tutto al re. Seleuco, allora, spinto dall’immenso amore nei confronti del figlio, decise di concedergli in sposa la propria moglie e, addirittura, una parte dell’impero. Possiamo vedere, quindi, in questo gesto il vero significato del dono: concedere ad una persona cara persino la cosa più importante per noi, senza alcuna remora. Dopo aver riportato due chiari esempi di quale significato dovrebbe e non dovrebbe avere per noi il dono, cito una frase ricca di significato, assai utile per comprendere cosa esso debba trasmettere: “Il dono, schiude la base della reciprocità, uno scambio gratuito, che si apre al fuori da noi, fondamentalmente non solo in occasione di una determinata ricorrenza…Per donare, soprattutto ciò che non si può comprare col denaro, ciò che richiede tempo, energie, sentimento, ciò che rende ricchi, serve coraggio – e non sempre il dono viene compreso. Ma nell’istante in cui questo avviene, esso diviene “oggetto” di alleanza, amicizia, tributo amorevole; è li che la “porta dell’altro si schiude” – giusto la brevità di una fessura – e ci fa intendere che cosa l’altro sia, che cosa noi siamo insieme”
Fabio Schilirò III A

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