Stop all’indifferenza

“I just wanted to stay home” – “Io volevo solo stare a casa”. Scrive così nella sua canzone, Shady Cherkaoui, una ragazza emigrata in Italia e presa di mira a scuola solo perché marocchina. Quotidianamente, come si legge nell’articolo scritto da Raffaello Masci per La Stampa, avvengono violenze nelle scuole ai danni delle persone, ma anche delle strutture. Questo fenomeno, comunemente conosciuto come bullismo, si manifesta già dalle scuole elementari, sia maschi che femmine cominciano a esercitare atti di bullismo contro chi ritengono “più debole”. Esistono due tipi di bullismo: verbale e fisico.
Sprezzante è il fatto che alcuni ragazzi, quando sono presenti a questi atti, non intervengono per difendere colui/colei che subisce, ma rimangono a guardare come se fossero degli spettatori al teatro, riprendendo la scena col telefono e pubblicandola su internet per far vedere a tutti il “gran gesto” dei bulli, che non hanno educazione, vergogna, umanità e civiltà. Marina Corradi in un articolo scrive del maltrattamento di un ragazzo down da parte dei suoi compagni, mentre altri ragazzi guardavano e riprendevano la scena oltraggiosa per poi pubblicarla su internet. Meschina la risposta dei ragazzi che hanno soltanto detto che lo avevano fatto per scherzo, “per gioco”.
Perché avvengono questi soprusi? Nel Corriere della sera Ruggero Guarini dice che nel ’68 vi è stato un crollo delle autorità nelle scuole, nelle quali erano iniziate contestazioni giovanili e atti di superiorità, che hanno portato i giovani d’oggi che compiono questi atti ha prendere esempio da quanto attuato dai loro padri nel ’68; invece, non c’entra l’autorità nella scuola, che magari può sensibilizzare di più i ragazzi su questi temi, ma la coscienza del ragazzo, la sua interiorità, la vita di questo, che appunto non va espulso, ma deve essere aiutato, magari da un psicologo e dai familiari, a comprendere la gravità delle azioni che compie su un altro essere umano come lui. Per quanto riguarda la vittima del bullismo deve essere aiutata a superare quello che gli è successo.
Giusto è quello di cui parla Francesco Alberoni nell’articolo pubblicato dal Corriere della sera, ossia che è utile usare il metodo adottato da alcuni magistrati, i quali mandano i bulli a lavorare presso strutture sociali per insegnargli ad aiutare il più debole al posto di sopraffarlo. Inoltre lui afferma anche: << Se a scuola oltre a star seduti sui banchi, si facessero lavori, sport, teatro, arte, musica e si formassero gruppi in competizione, tutti i ragazzi parteciperebbero, sentendosi parte di un noi, in cui trovano un’identità ed esprimono se stessi, scoprono se stessi e le loro capacità.>> Ognuno, appunto, dà luce così alle proprie capacità. Bisogna educare all’uguaglianza, al fatto che non c’è un forte o un debole, perché noi siamo uguali, ma dentro questa uguaglianza vi è la diversità che ci distingue l’uno dall’altro e ci rende TUTTI unici, ognuno con le sue capacità. Bisogna educare a mettere in atto il coraggio, il rispetto e ad aiutare chi è in difficoltà. Senza rimanere fermi a guardare con coloro che non agiscono di fronte a tali prepotenze, soltanto per essere accettati dagli altri ed evitare di essere visti diversamente.
Davide Rondoni in un articolo pubblicato dal Il Tempo afferma che: <> Stop al bullismo!
Saitta Letizia IV A

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