SOLITUDINE – GIUSEPPE UNGARETTI

MARCO

Ma le mie urla
feriscono
come fulmini
la campana fioca
del cielo

Sprofondano
Impaurite.

Scritta nel 1917 a Santa Maria La Longa da Giuseppe Ungaretti, è inserita nella raccolta “L’allegria”. In questa lirica, dall’interpretazione soggettiva, si carica di significato il titolo, parte integrante del testo ungarettiano, che rievoca alla guerra e alla sua devastazione, risultato della quale non è altro che il vuoto, esteriore e, soprattutto, interiore. Le urla del poeta, che rappresentano una ribellione nei confronti del dolore, si disperdono nel cielo che appare come una campana sbiadita dal ribrezzo dei suoi rintocchi soffocati. Il poeta si accorge che ai suoi gemiti non vi è risposta, e dunque sprofonda nell’ abisso del proprio animo, come abissale e vuoto è il paesaggio a cui assiste, trovandosi così a disagio con il mondo e con se stesso e imbattendosi in uno stato di solitudine.
Marco Meli II A

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