Siamo tutti Pupi

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L’ opera dei pupi, che all’ inizio di questo secolo venne aggiunta all’ elenco dei beni dell’umanità poiché rispecchia le caratteristiche di un popolo, è una forma d’arte sviluppatasi tra la metà dello Ottocento e l’inizio del Novecento, arte che ancora oggi sopravvive in Sicilia. Altri studiosi riconducono la nascita dei pupi alla bravura di alcuni maestri siracusani ai tempi di Socrate e di Senofonte. I temi trattati durante questi spettacoli derivavano dalla chanson de Roland, raccolta di canti che narrano le imprese di Carlo Magno e dei suoi paladini, opera dell’undicesimo secolo scritta in Francia in lingua d’oïl, e anche da grandi poemi epico-cavallereschi (come l’ Orlando furioso e l’ Orlando innamorato). Le prime marionette vennero realizzate intorno al Settecento, ma importanti innovazioni tecniche che contribuirono a rendere questo spettacolo ancora più affascinante vennero fatte nell’ Ottocento; infatti, da quel periodo in poi, le armature vengono realizzate in metallo e un’asta di ferro guida la mano destra che rende possibile il movimento della spada. I pupi non hanno fili come le marionette ma si muovono grazie a delle anse.

Secondo Pirandello “siamo tutti pupi animati dall’ onnipotente spirito Divino”.
Nella tradizione siciliana si distinguono quella palermitana nella Sicilia occidentale e quella catanese nella Sicilia orientale. I pupi della tradizione palermitana sono manovrati di lato, sono alti circa 100 cm e pesano 10 chili; le gambe possono muoversi a differenza di quello catanese che avendo dimensioni più grandi (140 cm e 30 kg) è più complicato da muovere e questi sono manovrati dall’ alto. L’ opera di questi pupi nasce dal racconto che il “cuntista”, ovvero il narratore del ciclo carolingio e dei racconti epico-cavallereschi, recita in giro per le piazze, racconti che dalle piazze grazie ai pupi sono arrivati in teatro. Da questi racconti nascono anche i pupi armati, i quali combattono contro un potere prepotente per amore di Dio, per la patria e per il sovrano. La prima crisi del teatro dei pupi si ebbe negli anni ’30 del ‘900 quando prende sempre più spazio il cinema, ma questa crisi fu facilmente superata; una seconda ci fu negli anni ’50 del ’900 con la nascita della televisione; da questo momento in poi il pubblico non è più interessato ad assistere a questi spettacoli, poiché l’intrattenimento di questo nuovo strumento li incuriosisce maggiormente. Molti di questi teatrini cominciano ad essere venduti e tutti i figli dei pupari cambiano mestiere. Solo qualche famiglia continuò a raccontare la storia dei pupi come la famiglia di Giacomo Cuticchio e di suo figlio Mimmo che continueranno ad intrattenere il loro pubblico fino al 1969. Ad oggi in un’ epoca totalmente tecnologica in cui la gente è diventata una semplice marionetta da giostrare, alcuni pupari tentato di mantenere viva questa tradizione, mettendo in scena vari spettacoli per i turisti che arrivano nella nostra terra.
Minissale Francesca Maria III A

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