La falce del tempo: del doman non c’è certezza

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La caducità della vita, la fugacità del tempo, il cogliere l’attimo è sempre stato un tema classico, ma attuale in tutti i tempi e in tutti i più grandi scrittori. La vita dell’uomo è cosi breve e poco duratura che bisogna cercare la felicità nell’attimo che fugge più che aspettare un futuro di cui non si ha alcuna certezza.
Chi ci invita a cogliere l’attimo è sicuramente l’autore latino Orazio, padre del famoso carpe diem, il primo teorico dell’hinc et nunc. Orazio, anche nel carme I 11 dice di non sciupare il presente per affidarsi a un domani incerto, di cui non si sa nulla e di cui non si è padroni, non bisogna cercare di conoscere il proprio destino perché gli dei non lo permettono, bisogna invece godere dell’attimo presente sia esso un momento triste e duro o piacevole.

Lo stesso tema è affrontato dall’illustre Catullo nel V carme dove canta il trionfo dell’amore tra Catullo e Lesbia, ma il cui tema centrale è la consapevolezza della fugacità dell’esistenza che è breve come un giorno e perciò non bisogna perdere neanche un istante di felicità contro l’ineluttabile incombere della morte. Il carme si conclude con una lunga enumerazione dei baci che i due amanti si scambiano, tanto da far confondere il lettore affinché perda il conto e nessuno sappia veramente quanti essi siano.
Alla fine del XV secolo viene ancora una volta ripreso il tema del tempo che fugge nella Canzone di Bacco e Arianna composta da Lorenzo De’ Medici di cui è celeberrimo il ritornello “Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia. Chi vuol essere lieto, sia: del doman non v’è certezza”. Proprio in questi versi si rinnova l’invito a godere della giovinezza, di ciò che offre e del presente. Il tema viene trattato dall’autore con un misto di gioia e malinconia, accentuata dalla consapevolezza della brevità della vita, della presenza quotidiana della fatica e del dolore, ma alla fine quello che prevale è il tono di spensierata allegria della festa di carnevale, di cui il poeta descrive il corteo carnascialesco di forte significato allegorico: Bacco, il dio del vino e quindi della gioia e del piacere, Arianna, sua sposa che rappresenta i piaceri dell’amore e il re Mida allegoria dei mali legati all’avidità di denaro di cui nessuno arriverà mai a godere. L’invito a non attendere il domani, a non indugiare e a cogliere rapidamente l’occasione di gioia è diretto a tutti: giovani, vecchi, donne e uomini.
In pieno Rinascimento viene ancora una volta ripreso il tema, questa volta a occuparsene è Torquato Tasso nel brano pastorale Aminta, che racconta l’amore di un pastore nei confronti di una ninfa che purtroppo non ricambia il suo sentimento.
Il ricorrente tema viene esposto stavolta dal coro, che nella poetica classica aveva la funzione di chiarire e sottolineare le azioni della vicenda accaduta. In particolare questo coro è molto noto poiché vi è un’esaltazione dell’amore, un invito ad amare liberamente come era nella mitica età dell’oro. In questo invito affiora un senso di malinconia che nasce dal raffronto tra la bella età dell’oro, quando l’amore dominava spontaneo nei cuori umani e l’età moderna in cui, frenato da convenzioni e remore che bloccano lo slancio genuino dell’animo, è spesso aggressivo e di una violenza animalesca e brutale.
All’inizio del XVII secolo Shakespeare, quando sta per concludere la sua carriera letteraria, pubblica una raccolta di sonetti in cui si riscontra il tema della fugacità del tempo che distrugge la bellezza e la vita ed egli vorrebbe fermare questa distruzione. In particolare nel sonetto 12 le ore vengono scandite da un orologio che ricorda che nella natura il tempo porta rapidamente tutte le cose a concludere il loro ciclo vitale. Così anche la tua bellezza, dice il poeta rivolgendosi al giovane amato, sfiorirà. Non c’è altra arma per combattere la falce del tempo che un figlio che faccia rivivere la bellezza quando tu non ci sarai più. Questo motivo della lotta fra il tempo distruttore e la possibilità dell’uomo di sopravvivere, sia pure relativamente, nella propria discendenza è presente anche in altri sonetti.
Le due immagini che aprono e chiudono la poesia sono il tempo personificato dalla falce e l’orologio che scandisce il passare delle ore che sono simboli del pessimismo con il quale il poeta medita sul carattere effimero della vita umana e della bellezza. Unico motivo che si contrappone a questo pessimismo è il concetto che l’esistenza continua anche al di là della devastazione operata dal tempo, nella propria discendenza.
L’uomo di ogni tempo è stato ed è consapevole della fugacità del tempo, spesso esso è diventato motivo non di tristezza, bensì spunto di riflessione per cercare la felicità nella giovinezza e nella bellezza del presente, senza affidarsi a un incerto domani che forse non riserverà le gioie che si attendono e che ha promesso.

Emma Capizzi IV A

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