I Pupi Siciliani dal 2001 nell’elenco dei Beni

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L’ Opera dei Pupi nasce originariamente a Napoli e nei suoi dintorni intorno alla prima metà del XVIII secolo, ma trova la sua massima fioritura nel secolo successivo nel territorio siciliano. La figura del puparo, però, sembra essere molto più antica e risalire addirittura ai tempi di Socrate e Senofonte; il suo ruolo è quello del cantastorie che narra le vicende dei suoi eroi attraverso la rappresentazione teatrale di marionette o pupi. Le innovazioni tecnologiche dei secoli XVIII e XIX , usate su questi per migliorarne i movimenti e la postura, ne aumentarono il numero degli ammiratori.
Le marionette del Settecento venivano animate dall’alto per mezzo di una sottile asta metallica, collegata alla testa attraverso uno snodo e per mezzo di più fili che consentivano i movimenti delle braccia e delle gambe. In Sicilia, nella prima metà dell’Ottocento, un geniale artefice di cui ignoriamo il nome escogitò gli efficaci accorgimenti tecnici che trasformarono le marionette in pupi. Egli fece in modo che l’asta di metallo per il movimento della testa non fosse più collegata ad essa tramite uno snodo, ma la attraversasse dall’interno e – cosa ben più importante – sostituì il sottile filo per l’animazione del braccio destro con la robusta asta di metallo, caratteristica del pupo siciliano. Questi nuovi espedienti tecnici consentirono di imprimere alle figure animate movimenti più rapidi, diretti e decisi, e perciò particolarmente efficaci per “imitare” sulla scena duelli e combattimenti, che tanta parte avevano nelle storie cavalleresche. I pupi siciliani si distinguono, infatti, dalle altre marionette essenzialmente per la loro peculiare meccanica di manovra e per il repertorio, costituito quasi per intero da narrazioni cavalleresche derivate in gran parte da romanzi e poemi del ciclo carolingio.

Come scrive La Repubblica “I pupi sono espressione splendente di quello spirito eroico, epico e cavalleresco che segna lo sviluppo di un’educazione sentimentale e di una visione etica e poetica del mondo”. La testata giornalistica parla, appunto, degli ideali trasmessi dalle Storie cavalleresche, principalmente quelle dei paladini di Francia (il ciclo carolingio) e dei cavalieri della Tavola Rotonda (il ciclo bretone) che sono la lealtà, la fedeltà e il coraggio. Queste narrazioni catturarono l’immaginazione non solo dei nobili aristocratici che indubbiamente si rispecchiavano nei cavalieri e nelle dame dell’epica medievale, ma anche del resto della popolazione: la gente appartenente ad una classe più umile, quella operaia, trovava nelle opere dei Pupi un momento di intrattenimento, di riso e di ricordo di quegli ideali dei quali si erano imbevuti: onore, gloria, dedizione al sovrano, alla patria e a Dio.

La forma ciclica del ciclo carolingio, a cui pupi si rifanno, ha indotto i pupari a suddividere le storie rappresentate in infinite puntate che, come le telenovelas e le soap opera dei giorni nostri, stimolano il desiderio di conoscere il seguito della storia!

Organizzazione
Attorno alla figura del puparo si andarono a definire nel tempo altre figure minori come artigiani costruttori, sarti, pittori, scultori, che composero così vere e proprie compagnie teatranti. Ogni singola rappresentazione veniva preannunciata da un “cartello” con la scena principale della serata e con una sintetica descrizione del programma.
Il commento musicale, quando c’era, era affidato a musicanti di mestiere (generalmente suonavano un violino, un mandolino o una chitarra) che, su indicazione del “parlatore”, eseguivano brani in voga, veloci o lenti, a seconda della scena.

“La Crisi”
Attorno agli anni cinquanta andò a manifestarsi la causa principale che andò a rompere le fondamenta del teatro dei pupi: La Televisione.
Con la comparsa della Televisione andò a venire meno la presenza del pubblico che aveva così un “mini-teatro” a che a casa e a portata di un clic. Con l’arrivo di nuove tecnologie a andò a formarsi anche una nuova base ideologica comune che portò la gente e le sue classi più umili a voler superare e cancellare quel passato di stenti che fa da sfondo per le storie dei pupi. I figli dei pupari decidono di cambiare lavoro e di dedicarsi ad un lavoro più “moderno”, ciò portò alla disgregazione dei teatrini

ANDREA PAPPALARDO III A

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