C’est la vie…

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Soles redire et occidere possunt;
nobis, cum semel occidit brevis lux I giorni possono nascere e tramontare;
nox est perpetua una dormienda noi, una volta che si è spenta la nostra breve luce,
Da mihi basia mille, deinde centum…. dobbiamo dormire un’unica, eterna notte.
Dammi mille baci, e poi cento…”

(Catullo, V, 4-6)

Questi versi sono tratti dal breve carme V del Vivamus et Amemus del poeta romano Catullo, che inizia con un invito a godere della vita e dell’amore. Vivamus… amemus, così recita il poeta; godiamoci la vita: questo è il valore da attribuire al verbo latino vivo, che qui significa appunto godere la vita, ed è questo il consiglio che Catullo dona alla giovane Lesbia. Approfittare della vita, godendone di ogni istante. Questa riflessione però, a giudizio di molti interpreti, non risulta perfettamente legata al tema successivo e profondo della brevità della vita. Quest’ultimo è un argomento già presente nella letteratura greca delle origini, tra i tanti citiamo Mimnermo che, nel suo frammento numero 8, paragona la vita umana a delle foglie che crescono sotto il sole per staccarsi pian piano dai loro rami e morire. Il poeta latino col suo Cum semel occidit brevis lux (una volta che la luce effimera della vita scompaia) è abile nell’utilizzo del verbo occidere, in evidente poliptoto, per sottolineare la differenza fra la sorte della natura e quella degli esseri umani; questi ultimi hanno a disposizione una luce che è inevitabilmente breve e, una volta venuta a mancare quella, resta solo la notte, buia ed eterna. Questa, nel testo, viene seguita significativamente da soles, a significare che mentre i soli tramontano e risorgono ogni giorno, a noi invece è destinata la notte! Come il sole era l’immagine del giorno, così la luce lo è della vita umana, condannata alla brevitas! Ecco che allora, dopo questa fugace luce della vita, fatalmente arriva la lunga oscurità del sonno eterno… Catullo, che fu in contatto con diversi epicurei, mostra in questa poesia il carpe diem, spingendo Lesbia a vivere la sua vita nel suo presente; vorrebbe tentarla, attraverso un amore idealizzato con mille e cento baci, di opporsi alla brevità della vita! Lo fa includendo nella fugacità l’intensità, quella dei basia. In questa volontà di godersi ogni bacio, in questo tentativo di bere ogni goccia della vita, Catullo dimostra tutta la sua serietà e, a tratti, anche la malinconia. Il tutto deve essere inteso come un’esortazione, non solo a Lesbia, ma a tutti i lettori, a vivere con spensieratezza ogni istante del proprio tempo. Catullo racconta come ad un certo punto della vita ci si guardi indietro con tristezza, pensando al periodo vissuto ormai passato; lo fa come insegnamento e, soprattutto, come monito a vivere la vita nella sua interezza. Ma, naturalmente, il poeta latino non è il solo a parlarci della vita, anche Torquato Tasso, attraverso i personaggi del sua Aminta, riflette su questa tematica. Vi è, infatti, una supplica all’interno del testo, dove i pastori reclamano all’ Onore, causa dei loro problemi, di non intervenire nelle loro umili vite, ma di turbare quelle dei potenti! Il tutto è ambientato in un periodo storico dove ognuno viveva secondo i principi imposti dal proprio istinto, perciò i pastori motivano la loro voglia di godere delle gioie dell’amore con il tema della fugacità del tempo, sottolineando come la vita sia breve e come gli anni fuggano troppo velocemente per poterne godere in totalità. Si va delineando per la prima volta il problema della morte, riprendendo l’immagine del continuo sorgere del sole. Tasso sofferma il suo punto di vista sulla negatività, preoccupandosi appunto della morte intesa come fine del piacere. Affronta il tema, così come Catullo, attraversando la malinconia per la brevità della vita umana. Ed è proprio questo, in fondo, il tema cardine di queste due poesie. D’altronde ciò che accomuna tutti gli uomini, di tutti i secoli, è la paura di morire. L’uomo nasce con la paura di morire! E dal momento della nascita inizia un countdown per il giorno della propria morte. La maggior parte delle invenzioni in campo medico e tecnologico di cui disponiamo al giorno d’oggi derivano da grandi tentativi di allungare la vita umana, di allontanare sempre di più la morte. Di elisir di lunga vita ce ne sono a bizzeffe nel corso della storia; le trasfusioni di sangue, ad esempio, sono nate con questo scopo: Aleksander Bogdanov, co-fondatore del partito bolscevico di Lenin, sperava di ottenere l’eterna giovinezza attraverso le trasfusioni di sangue. Nel 1920, Bogdanov iniziò a sperimentare sperando in almeno un ringiovanimento parziale. Dopo 11 trasfusioni, la vista di Bogdanov era migliorata e la calvizia rallentata. Il destino lo vide morire dopo essersi trasfuso erroneamente il sangue di uno studente malato di tubercolosi.
La paura della morte nella vita di molti non è stata altro per loro che un motivo per cui osare di più. Se Bogdanov non avesse voluto allontanare la morte, oggi non avremmo a disposizioni tutti i suoi studi e tutti i suoi esperimenti. Ho fatto tutto il possibile nel poco tempo che avevo a disposizione così, probabilmente, ci direbbe Bogdanov, se potessimo comunicare con lui nell’altro mondo! Come ci spiega Coelho nel suo Alchimista, bisogna imparare ad ascoltare il proprio cuore. La vita non è altro che un viaggio avventuroso, reale e simbolico che punta fino al massimo gradino della Scala Sapienzale, scoprire i propri obbiettivi! Lo scopo della vita umana è la ricerca della strada che possa portare alla propria Leggenda Personale, e dunque il vedere esauditi i propri sogni!
È per questo che nella vita l’ultima cosa che bisogna fare è pensare al futuro, specialmente in tempi come questi dove il futuro sembra più scuro che mai. La vita deve basarsi sul presente, sull’attimo del tempo; perché se l’esistenza stessa del tempo sembra essere un paradosso, la potenza dell’attimo, e di ciò che esso comporta nella realizzazione della realtà, è di una semplicità a dir poco imbarazzante. L’attimo fa parte della nostra vita, è l’essenza della vita stessa, perché ogni attimo andato via è un granello di vita passata. Dunque, citando Orazio, Carpe Diem, cogliete l’attimo, vivetelo, riempitelo di emozioni e fatti. Imparate, scoprite, studiate, inventate, viaggiate, cambiate, provate, fate in modo che ogni giorno sia diverso da quello passato. Non buttate il vostro tempo. Organizzatevi. Vivete con l’impegno egoistico di fare meglio di chi vi ha preceduto. Vivete come se quello che state facendo possa essere l’ultima cosa che fate. Riempite il cassetto della vita fino al colmo di avventure, perchè il cassetto è piccolo, ma dobbiamo imparare a farcelo bastare!

Andrea Pappalardo IV A

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