BULLISMO: UN GIOCO CRUDELE

“È malvagio.Quando uno piange, egli ride. Provoca tutti i più deboli di lui, e quando fa a pugni, s’inferocisce e tira a far male. Non teme nulla, ride in faccia al maestro, ruba quando può, nega con una faccia invetriata, è sempre in lite con qualcheduno. Egli odia la scuola, odia i compagni, odia il maestro”. In queste righe Edmondo De Amicis descrive il bullo. L’autore inserisce la caratterizzazione di un personaggio che oggi è centro di grande attenzione delle cronache italiane. La descrizione fatta da De Amicis poco si discosta da quello che sta accadendo, quasi quotidianamente, nelle nostre scuole. Per chiarezza di trattazione e per evitare distorsioni sul significato di “bullismo”, termine spesso abusato e talvolta travisato, è importante specificare che la sua derivazione proviene dall’inglese “bullying” e viene usato nella letteratura internazionale per connotare il fenomeno delle prepotenze tra pari in un contesto di gruppo, in cui il “bully” è “una persona che usa la propria forza e/o il proprio potere per intimorire e/o danneggiare una persona più debole.”

Il bullismo è un fenomeno di origine antica, largamente diffuso in ambito scolastico, che però solo recentemente ha ricevuto particolare attenzione diventando oggetto di studio sistematico. La definizione che ne dà Dan Olweus, uno dei maggiori studiosi di questo fenomeno è la seguente: “uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato e vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, ad azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni.” Si deduce che gli elementi che caratterizzano il fenomeno siano essenzialmente tre: 1. l’intenzionalità; 2. la persistenza; 3. il disequilibrio di potere. L’intenzionalità è intesa nel senso che il bullo vuole non per caso, ma intenzionalmente provocare un danno alla vittima, la persistenza indica invece che non si tratta di episodi isolati ma di azioni offensive sistematiche, frequenti e ripetute da parte del bullo o dei bulli nei confronti di un particolare compagno. Infine esiste uno squilibrio sia potere che di prestigio tra il bullo e la vittima. Con il termine bullismo non ci si riferisce ad una situazione statica nella quale c’è qualcuno che aggredisce e qualcun altro che subisce, ma ad un processo dinamico e multidimensionale, in cui persecutori e vittime sono entrambi coinvolti. Non è dunque un processo riconducibile al solo comportamento disadattivo di un individuo. L’intero sistema della scuola e della classe pertanto viene interessato dal verificarsi di episodi di bullismo, che influenzano anche gli allievi non direttamente coinvolti nelle prevaricazioni. Le forme di comportamento aggressivo che il bullismo può assumere possono essere di tipo diretto oppure indiretto. Nelle prime le azioni offensive consistono in attacchi fisici relativamente aperti nei confronti delle vittima come calci, pugni, percosse, sottrazione e danneggiamento di oggetti di proprietà, oppure si concretizzano in attacchi verbali diretti, nei quali il bullo agisce minacciando, prendendo in giro, ingiuriando e deridendo. Nell’attacco indiretto il bullo agisce diffondendo pettegolezzi fastidiosi, storie offensive o escludendo volutamente la vittima dai gruppi di aggregazione. Esso rappresenta una modalità di prepotenza poco rischiosa per i prevaricatori, ma capace di procurare alla vittima un dolore psicologico profondo quanto il dolore fisico. A riportare cifre impressionanti è Raffaello Masci nell’articolo ‘’Nonnismo a scuola per 8 ragazzi su 10 pubblicato da ‘’La Stampa’’ comunica che ben il 78% dei ragazzi che frequentano le scuole elementari e medie ha fatto i conti con episodi di prevaricazione esercitata da ragazzi nei confronti dei loro coetanei. In genere il ‘’bullo’’ è più forte e più popolare della media dei coetanei, ha un forte bisogno di autoaffermazione e desidera concentrare l’attenzione su di sé. E’ impulsivo e ha difficoltà nell’autocontrollo, alla base del comportamento c’è rabbia, mancanza di punti di riferimento autorevoli, modelli sbagliati. Fa fatica a rispettare le regole, spesso è anche aggressivo non solo verso i coetanei ma anche verso gli adulti, quali genitori ed insegnanti; egli, infatti, considera la violenza come un mezzo per ottenere vantaggi e acquisire prestigio. La vittima è colui o colei che subisce le prepotenze da un bullo o da un gruppo di bulli. In genere è più debole rispetto alla media dei coetanei e del bullo in particolare, è ansiosa e insicura, è sensibile e tranquilla, è incapace di comportamenti decisi, ha una bassa autostima e un’opinione negativa di se stessa. Indicativo è il fatto che era successo nel 2006: un ragazzino torinese down era stato picchiato e insultato in classe e ripreso con un telefonino, le immagini erano state addirittura diffuse in Rete,ciò lo riporta la giornalista Marina Corradi in un articolo pubblicato da Avvenire.Sembra di tornare indietro negli anni quando i disabili venivano esposti in piazza, per il pubblico divertimento. Un atto così violento basterebbe di per sé, per il contesto in cui si è verificato, a richiamare l’attenzione sul rischio di discriminazione che interessa gli alunni con disabilità. Ma il fatto che i giovani aggressori abbiano ripreso le offese inferte e che il filmato abbia poi trovato spazio in internet, riscuotendo oltretutto un discreto successo, appare quasi più perverso e inaccettabile dello stesso becero atto di bullismo. ‘’Ora sarete contenti’’. È quanto ha scritto in una lettera la ragazzina dodicenne di Pordenone che, vittima di bulli, si è gettata dalla finestra. Così pure Amanda, Aurora, Andrea e tanti, tanti altri ancora. Troppi perché il cuore non si ribelli. Troppi per continuare indifferenti la nostra vita. Troppi per non reagire.Ma come contrastare il fenomeno del bullismo? Il giornalista Alberoni nell’articolo “Il bullismo si elimina con una scuola competitiva” ci fa sapere che il bullo non deve essere ammonito,perchè per lui è solo un vanto,non bisogna espellere nemmeno dei ragazzi per poi lasciarli per strada,poichè è eccessivamente negativo,ma un atto importante è di lavorare,ad esempio,in un centro di assistenza ai disabili. La strategia migliore per combattere il bullismo è la prevenzione, alla base della quale c’è la promozione di un clima culturale, sociale ed emotivo in grado di scoraggiare sul nascere i comportamenti di prevaricazione e prepotenza. Riconoscere il bullismo non è sempre facile. Da parte di insegnanti e genitori sono necessari ascolto ed osservazione dei ragazzi. Più il tempo passa, più i ruoli si definiscono e le conseguenze diventano dannose. Contro il bullismo si dovrebbero attivare sia la scuola che la famiglia: è importante che genitori e insegnanti comunichino tra loro e si metta in atto un intervento condiviso. Se un genitore ha il sospetto che il proprio figlio sia vittima o autore di episodi di bullismo, la prima cosa da fare è parlare e confrontarsi con gli insegnanti. Viceversa, se è un insegnante ad accorgersi di atti di bullismo, dovrebbe convocare i genitori, sia del bullo che della vittima, e organizzare insieme una strategia condivisa per porre fine alle prevaricazioni.
Avellina Luciana IV A

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