BULLISMO: A CHI LA COLPA?


Bullo e bullismo sono oggi due termini estremamente diffusi. Giornali, telegiornali, e media in genere ne fanno uso ed abuso. Chiunque venga interrogato in merito prontamente risponde che i bulli sono dei teppisti, spavaldi, eccentrici, bellimbusti, così come i vocabolari stessi li definiscono e che il bullismo è un fenomeno figlio di un eccesso di benessere della gioventù odierna, benestante, che preso dalla noia si dedica a questa attività. Anche la soluzione al problema è molto semplicistica e di facile attuazione : l’allontanamento del soggetto, processi e pene dure. Allora c’è da chiedersi ma se tutto è così semplice e chiaro come mai i dati statistici lo portano invece come un fenomeno sempre in crescita?
Appare chiaro che il fenomeno è molto più complesso di quanto si creda, che ha radici antiche e che non ha un unico responsabile.

Il primo punto da chiarire è quello che si tratta di un fenomeno sociale e non individuale. Già la definizione di bullo nei vocabolari mette fuori strada perché focalizza l’attenzione piu sul singolo individuo che sul comportamento. Inoltre tende a riferire il fenomeno del bullismo ad un solo individuo, trascurando il contorno. Invece si tratta di un vero proprio gruppo, con molti soggetti attivi e passivi, strutturato gerarchicamente e, paradossalmente, il ruolo forse più importante è svolto da coloro che non prendono parte all’azione, cioè gli spettatori che, con il loro silenzio, rafforzano l’azione. Un altro aspetto forviante è la convinzione che si tratti di un fenomeno “moderno”, un fenomeno recente, In realtà non è proprio così. si tratta di un fenomeno, invece, estremamente complesso, con radici antiche, la cui identificazione ed analisi è necessaria per la ricerca di una soluzione. Qualcuno ipotizza le origini nel ’68, quando in nome della libertà sono stati cancellati i doveri scolastici e l’autorità della scuola, cioè i due elementi cardine dell’istituzione scolastica. Ma forse l’errore più grave che viene commesso è quello di definire “scherzo” l’azione vessatoria. Scherzo che genera ilarità, impunibilità, come spesso accade, parola che oggi leggittima qualunque comportamento e chi si offende, magari, ha la coda di paglia. Probabilmente il segreto dell’impunibilità, di cui i bulli sono certi, sta proprio nella parola scherzo, accompagnata dal silenzio degli spettatori, sta nell’incapacità di chi è chiamato a vigilare e, vuoi per menefreghismo, vuoi per impotenza e mancanza di strumenti, asseconda tali atteggiamenti creando tale convinzione. Infatti tali gesti vengono regolarmente filmati e messi in rete, senza coprire nemmeno le identità a conferma della sicurezza e della certetta della loro potenza. Compreso che si tratta di un fenomeno molto complesso, appare ovvio che anche la soluzione lo è. Occorre comprendere che si tratta di un fenomeno sociale, che non si può pensare che la rottura del silenzio da parte dei ragazzi è la soluzione se accanto a loro non ci sono le istituzioni che li proteggono e li aiutano a denunciare, che tutte le autorità e i docenti non devono sottovalutare nessun campanello d’allarme e che la pena non può essere altro che la rieducazione di ogni singolo individuo. Ma soprattutto occorre riprendere a ricoprire i propri ruoli, e questo non significa perdere la libertà ma perdere il libero arbitrio, che non porta da nessuna parte, riportare di moda parole e valori come rispetto e solidarietà. Se è vero che nel passato gli studenti vivevano una condizione priva di ogni diritto è pur vero che il vivere senza doveri non abbia dato grandi risultati. È necessario ristabilire gli equilibri, ognuno nel proprio ruolo, coordinando azione educativa scuola, famiglia e istituzioni ed avendo come unico obiettivo quello di ritornare ad insegnare ” a voler bene, occorre desiderare la libertà, quella vera, per sè e per i propri figli, che fa amare con ardore e tenerezza la vita” ( Davide Rondoni – Scuola ipocrita, che si scandalizza).
Barbagallo Marika IV A

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