Il bullismo, forma di violenza più diffusa tra i giovani


I media diffondono assiduamente notizie sul dilagare del fenomeno del “bullismo”, sempre più la società è permeata da notizie e casi di malessere sociale ampiamente diffuso che, senza dubbio, mette in evidenza una forma di disagio relazionale che si manifesta tra gli adolescenti e i giovani. Il fenomeno non può essere riconducibile a nessuna categoria sia essa sociale che anagrafica. Il bullismo viene caratterizzato da un insieme di fattori: sociologici e psicologici. Il bullo, visto come persecutore, è colui che essendo tale, trova piacere quando domina una vittima e non prova nessuna pietà nel vederla soffrire sia fisicamente che psicologicamente; si sente superiore rispetto alla sua vittima e pertanto la prepotenza diventa la sua compagna e arma di vita.

Il malessere sociale riguarda tanto coloro che agiscono da bulli, quanto coloro che subiscono. Alla base di tutto l’incapacità relazionale di chi colpisce, spesso infatti il bullo non ha modo o meglio, non riesce a relazionarsi con gli altri, se non attraverso la violenza, verbale o fisica. Dunque possiamo definire debole chi è bullo, chi non ha altri mezzi per affermarsi nel gruppo, chi non riesce a relazionarsi con altri se non attraverso la violenza. Ma analizzando la parte lesa della situazione, chi ha effettivamente subito violenza ossia la vittima si sa che purtroppo, col tempo, perderà fiducia, autostima o, nel peggiore dei casi, finirà con il diventare a sua volta aggressiva nei confronti dei più deboli; la vittima rischia seriamente di entrare in un circolo vizioso e pericoloso. Non dimentichiamo il cyber bullismo che, ai giorni nostri, ha preso il sopravvento “grazie” all’uso errato della tecnologia. I nuovi strumenti high-tech sono diventati i più usati per rendere pubblici gli atti di persecuzione, attraverso una trasmissione elettronica delle minacce, degli insulti, di foto private, il tutto all’insaputa della vittima di turno. Attraverso dovute campagne pubblicitarie si cerca di sensibilizzare al massimo le vittime del cyber bullismo, al fine di segnalare eventuali casi agli organi competenti, ed in particolare alla Polizia postale e delle comunicazioni. Ci si chiede: “Bastano le segnalazioni e le denunzie agli organi competenti per risolvere il problema?”
Purtroppo un malessere sociale come il bullismo ha delle radici molto profonde; come sostengono molti studiosi, bisogna risalire agli anni passati, a quando le generazioni precedenti alla nostra, verso la fine degli anni sessanta, hanno cominciato ad assistere alle prime forme, alcune delle quali alquanto drammatiche, del fenomeno della Contestazione globale. In quegli anni da più parti, si pensava fosse giusto perseguire alcuni fini, tra questi: “Un mondo perfetto”, senza escludere l’uso di mezzi non sempre leciti.
Ma quale mondo perfetto… quello che abbiamo avuto in eredità? Un mondo dove bisogna essere guardinghi, sospettosi. Non è stato del tutto positivo voler distruggere, o almeno tentare di farlo, il principio di autorità e il comune sentimento del dovere che con il passare del tempo sono stati distrutti sempre di più. Ha perso potere la famiglia tutta che cerca di aiutare il figlio a gestire bene la propria vita, ha perso potere la scuola, la quale si è vista depauperata di quella autorità necessaria, per essere pienamente definita “ente formativo” e soprattutto “educativo”.
Formazione da tutti i punti di vista, soprattutto dal punto di vista educativo e cioè aiutare a crescere in modo consapevole e civile i propri ragazzi, formare i bravi ed onesti cittadini del domani. Ruggero Guarini in un articolo per il Corriere della sera, paragona i “bulli di oggi” agli “eroi del ‘68” che hanno decretato alcuni sfaceli tra i quali quelli dell’Istituzione scolastica. Nessuno dà plauso alle prodezze del bullismo, tutti sono concordi nell’affermare che, la strategia migliore per combatterlo, è la prevenzione. Il bullismo è un male e come tale, se lo previeni, diventa sempre meno aggressivo, fino anche a che scompare. Bisogna sempre più promuovere situazioni in cui si respiri un clima culturale, sociale e anche emotivo sano, atto a far prendere coscienza, in maniera costante, di tale fenomeno proprio per combatterlo.
Alquanto intensa la campagna promossa dal Ministero della Pubblica Istruzione “Smonta il bullo”.
Si cerca di avvicinare sempre più lo sport alla scuola, per educare alla sana competizione, perdere non è un momento per sentirsi deboli, vincere non è un momento per sentirsi forti, ma sono entrambi occasioni per dire:” Devo e posso fare di più “. Il bullismo si fa strada proprio dove non c’è dialogo, è una forma negativa remota per ottenere potere. Bisogna fare il possibile affinché il bullo agisca da solo, non trovi pubblico e proseliti. (Francesco Alberoni). Deve capire di non essere affascinante né che potrebbe affascinare… Sicuramente la società tutta si deve fare carico del fatto, alquanto controproducente, che se isolato potrebbe diventare nocivo ugualmente, è bene non abbandonarlo, ma “educarlo”. Gli organi competenti mandano i bulli nei centri assistenziali, dove devono accudire ragazzi in difficoltà e imparare a non farsi forti attraverso le debolezze altrui.
C’è da essere ottimisti, constatare che il fenomeno viene tenuto in tutti i modi in considerazione. Sono diverse le istituzioni che si adoperano affinché il fenomeno venga arginato il più possibile. Molto resta ancora da fare, ma una cosa è certa: l’essere umano deve essere educato sempre e continuamente al rispetto per i propri simili, ma soprattutto al dialogo che oggi sembra venir meno sempre di più e la colpa non è solo di noi giovani ma anche degli adulti ormai incapaci di agire rettamente.
Saitta Cristiano IV A

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