La vera felicità del dono è tutta nell’immaginazione della felicità del destinatario

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Il dono si può definire «un gesto d’affetto verso gli altri; offrire, in senso concreto, ciò che si dà o si riceve senza contraccambio e che può essere un bene materiale o spirituale». Ci siamo mai chiesti cosa sia a spingere le persone a donare? Possiamo individuare diverse cause, da quelle più belle e nobili a quelle più basse e materialiste. Molti oggi fanno gesti di donazione che sono simbolo di vera bontà d’animo, ma la cosa negativa è che molti di loro lo fanno solo per acquistare notorietà, per ricevere qualcosa in cambio e non perché spinti da un sincero atto di generosità; fortunatamente c’è gente che fa ancora doni in maniera disinteressata, solo per vedere nascere un sorriso sul volto del ricevente, come sostiene Theodor W. Adorno: «La vera felicità del dono è tutta nell’immaginazione della felicità del destinatario».

Per quanto riguarda il dono in se non è detto che questo debba essere per forza materiale; infatti, riflettendoci tutti i più grandi doni della nostra vita non sono oggetti (una madre che dona la vita al proprio figlio) o se lo sono nascondono qualcosa di più profondo dietro il semplice oggetto (la fede del matrimonio che servirà a ricordare nei momenti più difficili quella promessa di amore eterna che si era donata al partner). Nel mondo dell’arte è molto ricorrente il tema del dono come mezzo per offrire gioia, come possiamo vedere ad esempio nel quadro Antioco e Stratonice di David Jaques Louis. In questo dipinto l’autore racconta la commovente storia di un giovane che, innamoratosi della compagna del padre che sa di non poter aver, si ammala d’amore fin quasi a morire; il padre, capita la vera causa del malessere del figlio, al suo capezzale, gli offre in sposa la donna, facendo così in modo che il figlio guarisca dalla sua sofferenza e ritorni alla vita. Quale episodio, se non questo, può essere preso come esempio del dono per eccellenza, un padre che rinuncia alla propria sposa e alla propria felicità per quella del figlio. È dunque certamente questa la forma di dono più alta e profonda, quella di donare davvero senza avere fini o scopi, con affetto e sincerità semplicemente per rendere felice la persona che riceverà il dono. Quindi in un mondo dove ormai il materialismo e l’egoismo hanno preso il sopravvento, dove tutti andiamo di fretta correndo per le strade dietro ai nostri problemi, dove crediamo che il nostro tempo non vada sprecato a scambiare lo sguardo con la gente che lavora con noi, spalla a spalla, in un piccolo ufficio o a rivolgere un saluto ad un passante che magari sta affrontando un momento difficile e che sarebbe piacevolmente colpito da questo gesto, compiuto da uno sconosciuto, per il semplice fatto di sentirsi considerato, sono davvero i piccoli gesti a fare la differenza; donare un semplice sorriso che a noi non costa nulla, ma che davvero potrebbe migliorare la giornata di chi lo riceve. In conclusione non è la consistenza del dono che conta, ma la dimensione del cuore che lo da, perché non è necessario che sia un oggetto incantevole e costoso per essere un bel dono.
Paola Alice Burrello 3°A

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